Ecco il triste bottino di un tardo pomeriggio in Corso Buenos Aires a Milano. Ero di ritorno da una conferenza e tutti o quasi i negozi, qualunque fosse il tipo di articoli venduti, esponeva cartelloni con donne poco vestite, talvolta in pose ammiccanti o ambigue. Armata di telefono ho fotografato vetrine, mi sono intrufolata nei negozi, ho aggirato la diffidenza delle commesse fingendomi straniera (nù vol-au-vent savuar...) ed et voilà... le donne della pubblicità stanno nude e crude davanti all'obiettivo, come quarti di bue e cosce di pollo dietro al banco frigo dei supermercati.
Ed ecco, avete visto che belle scarpe? Come sarebbe "quali scarpe?"
Senza la mia collana mi sento nuda... senza il reggiseno no!
"l'accappatoio che acchiappa..."
Trova l'errore. O la barretta. O tutti e due!
ma se il nudo è integrale, il profumo è bio?
Una immagine calzante?
E lo so che qualcuno potrebbe pensare che la mia sia solo invidia, perché un fisico da cartellone pubblicitario io non lo ho. Lo ammetto senza difficoltà: pancia piatta e vita stretta sono caratteristiche così lontane nel tempo che neanche me ne ricordo, dopo tre gravidanze e l'avanzata implacabile della mezza età, ma di qui ad invidiare le testimonial...
L'eclisse del pudore è tutt'altro che un neutro segno dei tempi. Al contrario è una perdita grave perchè il pudore:
"È una difesa naturale della persona che protegge la
propria interiorità ed evita di trasformarsi in un
puro oggetto.(1)"
Il corpo, nudo e crudo, viene associato ad un bene di consumo, quasi che fosse anch'esso un prodotto, senza alcun pudore, senza alcuna discrezione, come fosse un pezzo di carne privo di umanità, di anima, di valore, come non fosse parte di una persona, ma solo un involucro, un oggetto materiale di piacevole aspetto, che si può desiderare di possedere, come il profumo, le scarpe o i vestiti a cui lo si accosta, necessario per soddisfare un proprio bisogno, o magari solo un capriccio.
Non importa che le immagini siano patinate, bellissime e glamorous, firmate magari da fotografi o agenzie famose, la questione non è estetica, ma etica. Questa oggettivazione è pericolosa perchè svaluta la potenzialità enorme delle donne, e riduce la femminilità al solo aspetto superficiale, esteriore e contingente:
"La donna è diventata solo una merce che si può comperare, consumare per poi liberarsene come un qualsiasi oggetto “usa e getta”. Troppo spesso è considerata solo per la bellezza e l’aspetto esteriore del suo corpo e non invece per la ricchezza dei suoi valori veri di intelligenza e di bellezza interiore per la sua capacità di accoglienza, intuizione, donazione e servizio, per la sua genialità nel trasmettere l’amore, la pace e l’armonia, nonché nel dare e far crescere la vita. (2)"
come madre di tre figlie non posso che esserne preoccupata, ma sarei altrettanto preoccupata anche se avessi dei figli maschi. Perchè questa deriva materialista e consumistica del rapporto fra i sessi, danneggia il rapporto d'amore che unisce uomo e donna e li completa (3).
In questo contesto la sessualità:
"cessa di essere via di intima comunione tra l'uomo e la donna e deborda dal proprio ambito naturale, dilaga ovunque appiattendosi nelle sue espressioni materiali, volgarizzate dall'esplosione dell'erotismo nei media. Di qui (...) lo sviluppo di una sessualità "di consumo" (...), riducendo tutto ad una prestazione produttivistico-consumistica utile ad incrementare il mercato del sesso. (4)"
Mi piacerebbe che le pubblicità di scarpe mostrassero le scarpe, che quelle di gioielli mostrassero gioielli e quelle dei profumi delle bottiglie di vetro. Non sempre e solo donne nude e disponibili.
(1) F Bergoglio Amoris laetitia 282
(2) http://www.famigliacristiana.it/blogpost/la-donna-nei-mezzi-di-informazione.aspx
(3) https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1995/documents/hf_jp-ii_let_29061995_women.html
(4) https://www.cittanuova.it/cn-download/10872/10873
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